la patologia

Cos'è il parkinson?

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge funzioni come il controllo dei movimenti e l’equilibrio.

I sintomi della Malattia di Parkinson sono noti da migliaia di anni. Sono stati trovati degli scritti di medicina, uno indiano risalente al 5000 ac e uno cinese di 2500 anni fa, dove venivano descritti i sintomi della malattia. Fu solo James Parkinson, però, farmacista chirurgo del XIX secolo, a dare il proprio nome alla malattia e a descrivere gran parte dei sintomi.

La Malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Colpisce entrambi i sessi ma con prevalenza maschile. L’età di esordio è 58 – 60 anni ma può colpire anche soggetti più giovani.

 

Le strutture coinvolte nella Malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello note come gangli della base. La Malattia si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni in un’area chiamata sostanza nera. Dal midollo al cervello si iniziano a creare degli accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina e si pensa che proprio questa proteina diffonda la malattia in tutto il cervello.

La durata della fase preclinica non è nota, ma alcuni studi la datano intorno a cinque anni.

Quali sono i sintomi del parkinson?

I principali sintomi della Malattia sono tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale (in fase più avanzata); questi sintomi si presentano in modo asimmetrico cioè una parte del corpo è più interessata dell’altra.

È molto importante sottolineare che il tremore non è presente in tutti i pazienti e che i sintomi non vengono riconosciuti subito all’esordio della malattia. Spesso sono i familiari e i conoscenti che si accorgono che qualcosa non va e spingono il malato a farsi visitare.

I sintomi del Parkinson sono anche NON motori e possono comparire molti anni prima rispetto gli altri, più evidenti. Quelli più frequenti sono disturbi vegetativi, dell’olfatto, del sonno, dell’umore e della cognitività, la fatica e i dolori.

Quali sono le terapie per contrastare la malattia?

La terapia da seguire per i malati di Parkinson si differenzia in due tipologie: quella farmaceutica e quella fisioterapica o riabilitativa.

È essenziale che le due terapie vadano di pari passo per far sì che il paziente possa avere una vita di qualità nonostante la malattia.

 

In passato la fisioterapia venne messa da parte in seguito ai successi dell’introduzione della terapia con Levodopa (precursore fisiologico della dopamina). C’è però stato un ritorno alla fisioterapia a causa delle complicanze dovute ai farmaci e all’attestazione che la progressione della malattia continuava nonostante la terapia farmacologica.

Negli anni ’80 arrivano i primi studi scientifici sugli effetti dell’attività fisica nella malattia. Ovviamente la terapia principale è farmacologica, ma è dimostrato che l’attività motoria fisioterapica ha un ottimo risultato sulla maggior parte dei sintomi motori ma anche sugli effetti secondari.

 

Il malato di Parkinson tende ad isolarsi ancora prima che la malattia diventi invalidante ed è qui che si arriva ad un indebolimento fisico a causa della sedentarietà, perdita di autonomia e dei contatti sociali e depressione.

La tendenza all’isolamento deve essere combattuta fin da subito, appena viene fatta la diagnosi, per evitare che il malato si spaventi e si chiuda in sé stesso.

L’obiettivo del trattamento riabilitativo nella malattia di Parkinson è quello di prevenire i danni derivanti dalla sedentarietà con un programma di attività motorio mirato ed uno stile di vita attivo. Più precoce sarà il trattamento, migliore sarà il risultato.

Quanto sono importanti l’aspetto relazionale e sociale per un Malato di Parkinson?

Le relazioni e la socializzazione sono essenziali per un malato, il rischio di isolamento è molto forte e così anche l’impossibilità di fare un’adeguata riabilitazione.

Partecipando a gruppi di riabilitazione, invece, il paziente avrà la possibilità di far parte di un insieme di persone che presentano più o meno gli stessi deficit e le stesse problematiche, con le quali può confrontarsi e confidarsi diluendo, così, le proprie angosce e accettando maggiormente i propri limiti, condividendo anche speranze, esperienze positive e i propri vissuti.

Un altro aspetto molto importante è la condivisione: all’interno di un gruppo di attività motoria i pazienti hanno la possibilità di esprimere emozioni e sentimenti in merito alla loro malattia e alle loro vite e di esprimere esperienze simili e difficoltà in merito ai sintomi, con persone che devono affrontare le stesse sfide.

 

Il gruppo costituisce un ambiente rilassante e una preziosa attività sociale che può aiutare a trovare fiducia in sé stessi, autostima e indipendenza, esprimere e gestire pensieri ed emozioni attraverso azioni, migliorare la comunicazione, migliorare le competenze di interazione sociale.

Quando l’esercizio fisico diventa uno stile di vita, migliora il benessere del soggetto e migliora la qualità della vita, inoltre rafforza la stima di sé e alleggerisce il senso di solitudine.

l'atleta parkinsoniano, libro
Riportiamo qui la prefazione del libro L’atleta parkinsoniano di Antonio Bernardi, vicepresidente associazione Parkinson Siena, dove ci racconta le difficoltà affrontate dai parkinsoniani ma anche la forza e la volontà di riuscire a superare i propri limiti o anche solo di accettarli.

“La malattia di Parkinson è degenerativa e progressivamente invalidante; accostarla quindi al sostantivo “Atleta”, che presuppone una tendenza al costante miglioramento fisico e mentale e al superamento dei propri limiti, può apparire come un ossimoro, e lo scrivere una prefazione a un libro con questo titolo la dice lunga sulla temerarietà di chi ci proverà e della fiducia che gli Autori ripongono nel sottoscritto.

 

I comportamenti che come parkinsoniani mettiamo in atto con gli altri, in famiglia prima di tutto, spesso denotano una tendenza all’autoindulgenza, un’aspettativa di attenzione continua, una progressiva e precoce dipendenza da chi ci circonda.

Spesso proviamo paura ad abbandonare il nostro nascondiglio domestico, come se uscire nel mondo fosse andare verso un ignoto nei confronti del quale ci sentiamo inadeguati.

Tendiamo a ridurre gli ambiti, a rimuovere le occasioni in cui ci sentiamo messi in difficoltà, a rinunciare a “fare” perché: l’ultima volta è andata male, ho fatto fatica, sono caduto, mi sono sentito in imbarazzo, non ci sono riuscito, non mi sento bene.

Lavorare sui nostri punti deboli di parkinsoniani significa accettare la sfida con i limiti imposti dalla malattia, ma prima di tutto con noi stessi.

 

Dobbiamo passare dall’essere parkinsoniani e accuditi ad essere atleti e quindi allenati definendo i target di miglioramento senza indulgenze di sorta.

Personalmente ho avuto la fortuna di conoscere uno degli autori e di utilizzare, sotto il suo coaching, Angel’s Wings. Ma non è stata solo la macchina a modificare il mio rapporto con la malattia, è stata la forte spinta all’approccio “atletico” che Luca Valerio ha saputo infondermi, il comprendere e aderire alla sua visione di “Atleta Parkinsoniano” che mi ha aiutato a riconoscere i miei limiti e imparare a superarli.

Questa visione è ben esplicita nel testo.

Infine, una avvertenza per l’uso di questo libro chiaro, snello, con alcuni interessanti e comprensibili rimandi alla Fisica, Biomeccanica in particolare.

Suggerisco di leggerlo in coppia, ovvero Atleta Parkinsoniano e caregiver, per avere, fin dall’inizio, un sentire comune e condiviso sul cammino da interpretare insieme.

 

La persona che ci accompagnerà in questo percorso dovrà quindi diventare un “coach”, appunto, e non più e non solo un caregiver, ma una sorta di allenatore a tutto tondo senza indulgenze, che ci aiuterà a verificare i nostri miglioramenti e/o le nostre difficoltà procedendo congiuntamente verso i risultati attesi e aiutandoci a estendere questo approccio anche agli altri aspetti della vita.

Perché non si è atleti solo nelle performance ma in ogni ambito quotidiano.

Se avete resistito a leggere fino a qui, tranquilli e accorti: il bello arriva adesso.

Buon allenamento a tutti.”